venerdì 13 marzo 2015

Mio padre Giovanni Lanzilotta


Mio padre Giovanni Lanzilotta

Giovanni Lanzilotta nacque a Castellana il 23 febbraio 1917 figlio di Maria Silvestri, ortolana e Francesco Lanzilotta barbiere, rilegatore, socialista. Non conobbe suo padre che, come tanti giovani del Sud, fu inviato  a combattere in prima linea al fronte in una guerra che lo avrebbe ucciso, lasciando due bambini in tenerissima età orfani, insieme a una giovanissima moglie vedova.
Giovanni Lanzilotta era un bambino biondo e riflessivo, poco incline ai giochi cruenti di strada o all’attività sportiva, amava leggere, conoscere, studiare ogni scritto che gli capitasse tra le mani. Aveva degli occhi celesti e profondi e una intelligenza riflessiva. Decise in autonomia di voler continuare a studiare, alzando la mano quando il maestro chiese ai suoi scolari chi, dopo le elementari, avrebbe voluto iscriversi al ginnasio. La famiglia assecondò il suo desiderio e fu aiutato a studiare, da una madre tenace, da un nonno che gli fece da padre e da quella civiltà contadina che mai si sentì seconda a chi studiava, ma che riconosceva in se i suoi figli migliori.
Frequentò il liceo classico di Conversano, i suoi professori lo indirizzarono alla Facoltà di  Storia e Filosofia all’Università Cattolica di Milano, laureandosi nel 1939 con una tesi su Immanuel Kant. Negato per qualsiasi attività manuale, non sapeva piantare un chiodo alla parete e si spaventava se, nelle notti di estate, un pipistrello entrava in casa. Non era uno sportivo, ma amava il calcio
Tornato in Puglia non partì per la seconda guerra come “la Patria” richiedeva, si fece forza dell’essere figlio ed unico sostentamento di una madre vedova di già altro sangue versato e fratello di Domenico spedito a  difenderla. Giovanni Lanzilotta era per la pace e contro la guerra, a lui intesseva il teatro, Pirandello Jonesco, non certo sparare.
Iniziò la sua carriera scolastica, prima come docente e poi come preside presso i licei classici di Putignano e Monopoli.
Negli anni fu spettatore dei mutamenti sociali che videro il modo scolastico e gli studenti protagonisti di aspre lotte. Non comprese e non condivise l’assenza di progettualità nei confronti della Scuola e visse come un “tradimento” da parte dello Stato il progressivo mancato riconoscimento del ruolo primario degli insegnanti nella società, spinti in un inesorabile declino economico e sociale. La sua amarezza per come negli anni era cambiata la Scuola lo spinse a dissuadere una delle sue figlie ad  seguire il suo stesso indirizzo universitario.
La Politica, quella che alimentò l’anima vera della rinascita dell’Italia, fu la sua grande passione dopo la famiglia e i suoi studi.
Fondò la Democrazia Cristiana a Castellana insieme al Rag.Bini e pochi altri.
Vicesindaco del Comune di Castellana Grotte nel primo dopoguerra pose insieme a tutta l’amministrazione le premesse per quella che oggi è la Castellana moderna.
Non fu un attivista per molti anni, pur essendo cattolico nel più profondo, subì l’attacco della Chiesa locale  perché perseguì la convinzione di una città laica in uno stato laico.
Uomo di destra certo,ma mai succube o subalterno. 
Allontanatosi dalla partecipazione attiva alla Politica, si concentrò così nel nutrimento essenziale e conduttore della sua vita,  occupandosi così della  Famiglia e dei suoi Studi.
Continuarono le sue ricerche ed i suoi approfondimenti sia della Filosofia che coltivò specialmente nelle sue implicazioni con la teologia e la mistica (ne sono testimoni  i numerosi appunti su fogli sparsi, dai quali si evince come avrebbe desiderato approfondire alcune particolari tematiche, nella Bibbia, in Pasternak e in San Bonaventura) sia della Storia con particolare attenzione al Risorgimento Italiano.
Le sue due opere pubblicate riflettono in parte la passione e gli interessi delle sue ricerche. Con Gregorio Munno curò un’edizione critica e commentata del Minosse di Platone (Adriatica Editrice, Bari, 1948); in seguito pubblicò un’edizione critica, tradotta e commentata de La triplice via: incendio d’amore di San Bonaventura (Arti Grafiche De Robertis, Putignano, 1971).
Sposato con Myriam  Sgobba ebbe 7 figli da cui  fu  ed è sempre amato . Morì nella sua casa di campagna, sulla via di Polignano, il 9 ottobre 1992.



P.S.
Nessuno di noi figli lo vide mai piangere, accadde una sola volta quando uccisero Giovanni Falcone.
Fu un giorno di Maggio, l'Italia attonita per l'uccisione di Giovanni Falcone.
Mio padre ripeteva tra le lacrime "lo Stato è finito".
Nessuno di noi lo dimenticherà mai. 

4 commenti:

  1. un emozionante scorcio di vita che abbraccia tutto il secolo scorso. Grazie per questa condivisione Mercedes. Quanto è importante per una figlia avere un buon modello di padre.

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  2. Ci sono dei giorni che mi ritorna in mente così forte e oggi è uno di questi.
    Grazie Alberta.

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  3. Leggendo questo articolo ho sentito, e subìto, quel fascino degli uomini d un tempo: integgerrimi, fedeli ai loro ideali e col senso dello Stato. Uomini che hanno saputo costruire le basi di una bella, pulita e solida Italia. Non ne esistono più.... auguri a papà Giovanni!

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  4. Gentilissima Signora Mercedes,
    mi ha colpito il ritratto di suo padre. Per caso ha ancora copia del commento al Minosse di Platone? Vorrei leggerlo. Grazie,
    Prof.ssa Gabriella Moretti, Monopoli, Liceo di Monopoli

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